venerdì 29 giugno 2018
venerdì 15 giugno 2018
Vita da artisti
La vita è un regalo stupendo solo se lo si sa rendere tale.
...Se sei un(') artista è più facile😉
https://youtu.be/PooMwkE7zcY
lunedì 21 maggio 2018
MILANO PIANO CITY 2018 - MUSICA E POESIA
Musica
&Poesia
19 MAGGIO 2018
ATTRICE E CONSULENTE LETTERARIO: LAURA CASSANI
PIANOFORTE E ARRANGIAMENTI: MARIANGELA UNGARO
Poesia
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Musica
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D’ANNUNZIO Rimani
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Tramerei (Schumann)
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L’onda
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Barcarola op. 30 n°6 (Mendelssohn)
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L’Ala sul mare
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Serenata (Schubert)
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La pioggia nel pineto
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II mov. Sonatine (Ravel)
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La sabbia del tempo
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Die Nacht (Strauss)
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MONTALE Non
chiederci le parole
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Il vecchio castello (Musorgskij)
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Ho sceso con te …
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Primo dolore (Schumann)
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Spesso il male del vivere
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Preludio in mi minore (Chopin)
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Meriggiare
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Improvviso in sol maggiore (Schubert)
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MERINI
Spazio
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Intermezzo (Mendelssohn)
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Le osterie / Milano
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C’era una volta in America (Morricone)
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La Terra Santa
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Nana (De Falla )
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Amai teneramente
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Vally atto terzo (Catalani)
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DICKINSON Dopo
un grande dolore
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Nuovo cinema Paradiso (Morricone)
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Il mio che leggo / La mia vita
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Speranze di Libertà (Morricone)
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Una moglie sarò
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Valzer n°5 (Chopin)
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E’ un piacere prezioso
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Gabriel’s oboe (Morricone)
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QUASIMODO Alle
fronde dei salici
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Adagio (Albinoni)
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PAVESE
Canzone
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La leggenda del pianista
sull’oceano (Morricone)
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Risvegli
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Mazurka in sol diesis minore (Chopin)
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SABA
Ulisse
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Ebben, ne andrò lontana (Catalani)
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IL POETA PARLA è un progetto di MUSICA E POESIA nato diversi anni fa: la musica è sapientemente scelta per accompagnare la poesia di qualsiasi epoca e stile, conferendo al testo, recitato dal vivo, nuove sinestesie, nuovi colori: la musica accresce il significato delle parole, ne dipinge i significati.
Come Musorgskij musicò i quadri dell'amico Hartmann, così le due protagoniste del concerto dipingeranno le parole dei Grandi del '900 italiano ed estero, attraverso i brani più interessanti della letteratura pianistica mondiale.
La suggestione sonora ha radici profonde in ciascun essere umano: nasce dall'inconscio più remoto e comunica in modo assolutamente immediato col mondo esterno, non appena la nostra mente è stimolata dall'ascolto musicale. La stessa immediatezza con cui ci parlano l'arte figurativa iconografica e la parola nella lingua madre.
E così, sotto la parola eco sentiremo il contrappunto che riecheggia tra le battute; le sonorità ancestrali della notte di Strauss diventano il puntillismo sonoro, come i granelli della sabbia del tempo di D'Annunzio; il vecchio castello canta la sua rovina, come Montale riferendosi alla guerra..
E ancora: la discesa iniziale del primo dolore di Schumann diventa la scala della tristezza, discesa da Montale insieme all'adorata moglie; l'Onda d'annunziana sciacqua, sciaborda, come le terzine della barcarola di Mendelssohn, con il loro andamento cullante, a simboleggiare il mare, perenne perplessità, ma esatta e concorde.
Il male del vivere diventa la ragnatela di accordi minori del celeberrimo preludio di Chopin in mi minore, mentre l'assolato, immoto meriggio si culla sul sol maggiore dell'improvviso Schubertiano, tema principale anche del film "La Storia" tratto dall'omonimo romanzo di Elsa Morante.
L'intervento irruento dell'intermezzo allarga gli orizzonti delle urla della Merini, in Spazio, mentre Morricone è perfetto, con le sue note nostalgiche di "C'era una volta in America", per accompagnare i ricordi di Alda nella sua Milano, una città dal sapore antico e genuino.
Abbinare alcune poesie della Dickinson ad alcune pagine di musica per film è stata operazione molto complessa, basata sia sui contenuti della poesia, sia sui significati più profondi della pellicola di riferimento che si era già vestita di musica.
L'errare di Ulisse di Saba diventa la melodia nostalgica della Vally di Catalani lontana da casa; lo strazio delle parole di Quasimodo "Alle fronde dei Salici" è lo stesso dolore lacerante e profondo dell'Adagio di Albinoni, così dignitoso, composto, eppure mai rassegnato.
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venerdì 16 marzo 2018
ARTISTI UNITI CONTRO IL CANCRO - Grande Concerto alla Casa della Danza e della Musica -
Il 23 Marzo alle ore 19.30
presso la Casa della Danza e della Musica in via Roma s.n.c. a Basiglio (MI)
si terrà un grande concerto a favore della ricerca sul cancro
e in onore di Emanuele Contreras, artista poliedrico.
Direttore artistico: Andrea Musumeci.
Emanuele avrebbe voluto partecipare al gruppo di ricerca che si sarebbe aperto a breve all'Istituto dei Tumori, ma non ce l'ha fatta.
Esattamente il gruppo che andremo a finanziare con il concerto, e con tutte le donazioni.
Artisti stupendi ci regaleranno emozioni in musica e poesia per omaggiare Emanuele e per sostenere la ricerca sul sarcoma Gist; la ricerca è l'unica arma che abbiamo (e l'Italia spicca per i suoi validissimi Cervelli) contro un male subdolo e devastante.
Interverrà il primario dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Dottor Paolo G. Casali.
A fine evento, la Casa della Danza e della Musica offrirà un magnfico rinfresco.
Vi aspettiamo numerosi!
Per tutti coloro che non potranno esserci ma che credono nella ricerca, è possibile fare una donazione direttamente sul conto corrente:
Fondazione IRCCS “ISTITUTO NAZIONALE TUMORI”
S.C. Oncologia medica 2 - Tumori mesenchimali dell’adulto e Tumori rari
codice identificativo: O/12/OTM
Responsabile dott. Paolo G. Casali
Causale: Ricerca clinico – scientifica sui GIST
BANCA POPOLARE DI SONDRIO Ag. 21 Politecnico – Via Edoardo Bonardi 4 20133 Milano
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori
IBAN: IT15C05696 01620 000002001X82
C/C N. 000002001X82
ABI: 05696
CAB: 01620
CIN: C
SWIFT POSO IT22
Grazie a tutti di cuore.
Mariangela Ungaro & Emanuele Contreras

Ubicazione:
Via Roma, 20080 Basiglio MI, Italia
sabato 18 febbraio 2017
BOOKTRAILERS poeti emergenti
MARIA TERESA TEDDE
COM'ERA BELLA MARIA
Il brano pianistico originale, composto da Mariangela
Ungaro,
"Il mito di Marpessa"
sonorizza le parole della poetessa
Maria Teresa Tedde,
intrise di sublime nostalgia.
Per terra le arance
sotto l’albero tormentato di maestrale
per terra come i suoi baci
a serenare sotto le stelle
sotto il sole, sotto piedi indifferenti
e la paura dentro.
Com’era bella Maria
coi suoi capelli al vento
ed i suoi sogni in tasca.
Con le sue mani
li animava di speranza e di fiducia.
Com’era bella Maria
quando sorrideva:
sapeva di miracolo
di odor di gelsomino
di pelle di bambino
e offriva il cuore
a rondini lontane.
MARGHERITA BONFILIO
ADESSO BASTA
Una poesia di Margherita Bonfilio contro la violenza sulle donne.
Musica originale di Mariangela Ungaro.
Si ringrazia il fotografo Vieri Bottazzini per le immagini paesaggistiche.
Adesso basta!
Non voglio più sentire la tua mano
che con ferocia colpisce il mio viso,
l’alito pungente che soffoca ogni mia speranza,
la violenza con cui mi sbatti contro il muro.
Non voglio più sentirmi una nullità,
umiliata, schernita, posseduta senza amore.
Anima sfregiata che grida il suo bisogno di riscatto,
desiderosa di rinascita e di un nuovo domani.
Voglio poter camminare a testa alta,
senza la paura di tornare a casa
ed ascoltare i tuoi passi dietro la porta
che si fanno pesanti, incalzanti, schiaccianti.
Niente più catene e legami malati.
Spogliata di me stessa cammino sulla battigia,
assaporo la frescura della sabbia bagnata sotto i piedi,
mi inebrio del profumo salmastro della risacca,
alzo gli occhi al cielo
e grido con quanto fiato ho in gola
Io esisto!!
Corro libera dalle catene di un amore malato
verso un nuovo futuro.
Il mio!
Mini lanterne magiche oscillanti
nel vento tiepido di maggio,
compagne dei giochi infantili.
Piccole stelle cadute,
briciole vive di comete sparse
fra gli orti, i fontanili e i campi.
Il vostro incerto volo mi commuove.
Segnali luminosi, lampeggianti
sulla corsia di sorpasso
ai nostri innumerevoli pensieri.
Luci di posizione d’invisibili alianti
occhi accesi, danzanti,
fari che frugano la notte
alla ricerca dei perduti sogni.
Festose luminarie naturali
d’un Natale fuori stagione;
insegne intermittenti, misteriose,
di antiche feste e agresti rituali.
Residui di silenti fuochi artificiali.
Luci d’un circo di periferia
sotto il nero tendone della notte,
ricco di pagliacci, saltimbanchi,
giocolieri e uomini volanti.
Un mondo vivo nella memoria
d’un bimbo che vi inseguì correndo
dietro le vostre zigzaganti rotte
convinto che la vita fosse
un eterno gioco.
Sono una goccia che in uno stagno cade
e che solo per un attimo, le acque ferme - smuove.
Sono la pioggia che cade nel mare
il mare che batte lo scoglio.
Sono lo scoglio che arresta il vento
il vento che s’ingremba nell’onda
Sono l’onda che disseta la riva
la riva che s’allunga nel sole.
Sono il sole che scalda la terra
la terra che contiene la zolla.
Sono la zolla che attende l’aratro
l’aratro che invita la mano.
Sono la mano che stringe la tua
perché dunque io - t’amo.
Io t’amo è so d’esser nulla:
nel passato, nel futuro - nulla.
Sono un frammento di luce dispersa
nel tempo che vivo.
Sono un nugolo di polvere mischiata con l’acqua
l’acqua che bevo e che nutro
Sono un soffio - nell’universo infinito.
Sono il respiro della luna che passa silenziosa
un uccello che scava col becco la sua dimora.
Sono una foglia scritta nel tempo
la stagione che si consuma
sono la notte che scende furtiva
il buio che intana e fa paura
sono dunque - la morte?
Sono prima - la vita
Dimmi che mi vorrai ancora,
quando voleranno lontano gli ultimi aironi
e la sposa - magnolia cesserà di fiorire,
moriranno raccolte le spighe di grano
e i salici svestiti piangeranno dal gelo.
Al di là della nostra estate,
sfregiata di notte con folle arsura
soppressa ingenua dall'odore d'autunno,
spoglia d'affetto come rami degli alberi,
solitari guardiani dell'abbandono.
Sussurra che mi cercherai nel mentre,
mentre la neve coprirà le distese
e le sorgenti indosseranno il ghiaccio,
nella notte polare priva di luce
sarai l'aurora per tutti i miei sensi.
Oltre qualsiasi inverno.
Prometti che mi scalderai ancora,
come se fossi primavera.
Ho visitato il campo di Auschwitz
Ed ho immaginato di udire
Parole sporche,
come pietre scagliate
con violenza nell’acqua.
Ho visto esseri trasformati,
corpi denudati,
scheletrici, denutriti
ma con occhi
ancor bramosi di vita,
senza più il calore
di un sorriso.
Denti digrignati
Da una rabbia infinita,
anime sfiancate
da un’attesa senza tregua,
esseri a cui tutto è negato,
anche ogni forma
di Speranza,
in un’eterna lotta
tra la vita e la morte
in cui alla fine
per crudeltà dell’uomo
sempre la morte ha vinto
l’impari duello
con la vita.
Crepitano sotto i miei piedi
Come fiammelle accese
Le foglie raccolte a tappeto
Da un mulinello scherzoso
Che gonfia a più non posso le gote
Quasi un girotondo concluso.
Acchiapparella senza segreti
Un volteggio a pochi metri nell’aria
Un duetto gioioso e ammiccante
“Se ti prendo ti tocca baciarmi”.
Ero capitata per caso nel parco
In un bel gioco di squadra
in cui le figlie d’autunno
non è pena un giro nel vuoto
e finire e giacere sopra la terra.
l’alito pungente che soffoca ogni mia speranza,
la violenza con cui mi sbatti contro il muro.
Non voglio più sentirmi una nullità,
umiliata, schernita, posseduta senza amore.
Anima sfregiata che grida il suo bisogno di riscatto,
desiderosa di rinascita e di un nuovo domani.
Voglio poter camminare a testa alta,
senza la paura di tornare a casa
ed ascoltare i tuoi passi dietro la porta
che si fanno pesanti, incalzanti, schiaccianti.
Niente più catene e legami malati.
Spogliata di me stessa cammino sulla battigia,
assaporo la frescura della sabbia bagnata sotto i piedi,
mi inebrio del profumo salmastro della risacca,
alzo gli occhi al cielo
e grido con quanto fiato ho in gola
Io esisto!!
Corro libera dalle catene di un amore malato
verso un nuovo futuro.
Il mio!
GIUSEPPE LECCARDI
LUCCIOLE
"Grazie infinite Mariangela per le immagini scelte e la tua meravigliosa musica.
Un effetto sorprendente, un mix di emozioni, suggestioni e ricordi.
Un"Cantico" celebrativo della natura e della vita che fluisce ininterrotta di padre in figlio, fino ai nipoti e pronipoti con un alone di magico stupore che le lucciole sanno aggiungere.
Il risultato è un formidabile inno alla natura e alla vita."
Mini lanterne magiche oscillanti
nel vento tiepido di maggio,
compagne dei giochi infantili.
Piccole stelle cadute,
briciole vive di comete sparse
fra gli orti, i fontanili e i campi.
Il vostro incerto volo mi commuove.
Segnali luminosi, lampeggianti
sulla corsia di sorpasso
ai nostri innumerevoli pensieri.
Luci di posizione d’invisibili alianti
occhi accesi, danzanti,
fari che frugano la notte
alla ricerca dei perduti sogni.
Festose luminarie naturali
d’un Natale fuori stagione;
insegne intermittenti, misteriose,
di antiche feste e agresti rituali.
Residui di silenti fuochi artificiali.
Luci d’un circo di periferia
sotto il nero tendone della notte,
ricco di pagliacci, saltimbanchi,
giocolieri e uomini volanti.
Un mondo vivo nella memoria
d’un bimbo che vi inseguì correndo
dietro le vostre zigzaganti rotte
convinto che la vita fosse
un eterno gioco.
ADA CRIPPA
SONO
Poesia di Ada Crippa
"Sono"
Montaggio video: Mariangela Ungaro
Musica originale "AFORISMA DI FUGA" di Mariangela Ungaro
Sono una goccia che in uno stagno cade
e che solo per un attimo, le acque ferme - smuove.
Sono la pioggia che cade nel mare
il mare che batte lo scoglio.
Sono lo scoglio che arresta il vento
il vento che s’ingremba nell’onda
Sono l’onda che disseta la riva
la riva che s’allunga nel sole.
Sono il sole che scalda la terra
la terra che contiene la zolla.
Sono la zolla che attende l’aratro
l’aratro che invita la mano.
Sono la mano che stringe la tua
perché dunque io - t’amo.
Io t’amo è so d’esser nulla:
nel passato, nel futuro - nulla.
Sono un frammento di luce dispersa
nel tempo che vivo.
Sono un nugolo di polvere mischiata con l’acqua
l’acqua che bevo e che nutro
Sono un soffio - nell’universo infinito.
Sono il respiro della luna che passa silenziosa
un uccello che scava col becco la sua dimora.
Sono una foglia scritta nel tempo
la stagione che si consuma
sono la notte che scende furtiva
il buio che intana e fa paura
sono dunque - la morte?
Sono prima - la vita
IZABELLA TERESA KOSTKA
A TE
Poesia selezionata e pubblicata sull'antologia "Parole d'Amore"
Premio San Valentino, Anvos e Accademia dei Bronzi
Ursini Edizioni 2017
MUSICA ORIGINALE e montaggio video di MARIANGELA UNGARO
Dimmi che mi vorrai ancora,
quando voleranno lontano gli ultimi aironi
e la sposa - magnolia cesserà di fiorire,
moriranno raccolte le spighe di grano
e i salici svestiti piangeranno dal gelo.
Al di là della nostra estate,
sfregiata di notte con folle arsura
soppressa ingenua dall'odore d'autunno,
spoglia d'affetto come rami degli alberi,
solitari guardiani dell'abbandono.
Sussurra che mi cercherai nel mentre,
mentre la neve coprirà le distese
e le sorgenti indosseranno il ghiaccio,
nella notte polare priva di luce
sarai l'aurora per tutti i miei sensi.
Oltre qualsiasi inverno.
Prometti che mi scalderai ancora,
come se fossi primavera.
ANNAMARIA GALLO
L'ULIVO
Poesia di Annamaria Gallo
Musica originale di Mariangela Ungaro "Il rumore del sole"
Giunsi, come viandante errante
nella notte di un tempo
che non conosceva
pace interiore.
Il mio sguardo, si fermò
verso verdeggianti ombre
colline a me tanto care
di fanciullesca memoria.
Quanti anni erano trascorsi
ed il mio pensiero
spesso e sovente
lì, rivolto,
alla mia terra,
al mio mare e alla sua frizzicante
brezza del mattino,
alla rosea luce, di un sole,
che sorge puntuale,
all’ alba, preludio di un giorno,
che fa capolino sul tutto.
Giunsi, viandante errante e sconosciuta
nella terra dei miei Avi
ed ivi, infine,
piantai il mio ulivo.
Giunsi, come viandante errante
nella notte di un tempo
che non conosceva
pace interiore.
Il mio sguardo, si fermò
verso verdeggianti ombre
colline a me tanto care
di fanciullesca memoria.
Quanti anni erano trascorsi
ed il mio pensiero
spesso e sovente
lì, rivolto,
alla mia terra,
al mio mare e alla sua frizzicante
brezza del mattino,
alla rosea luce, di un sole,
che sorge puntuale,
all’ alba, preludio di un giorno,
che fa capolino sul tutto.
Giunsi, viandante errante e sconosciuta
nella terra dei miei Avi
ed ivi, infine,
piantai il mio ulivo.
DANIELA PORCELLI
OCCHI BRAMOSI DI VITA
Poesia di Daniela Porcelli
Arrangiamento per orchestra tratto da "Schindler's list" a cura di Mariangela Ungaro
Ho visitato il campo di Auschwitz
Ed ho immaginato di udire
Parole sporche,
come pietre scagliate
con violenza nell’acqua.
Ho visto esseri trasformati,
corpi denudati,
scheletrici, denutriti
ma con occhi
ancor bramosi di vita,
senza più il calore
di un sorriso.
Denti digrignati
Da una rabbia infinita,
anime sfiancate
da un’attesa senza tregua,
esseri a cui tutto è negato,
anche ogni forma
di Speranza,
in un’eterna lotta
tra la vita e la morte
in cui alla fine
per crudeltà dell’uomo
sempre la morte ha vinto
l’impari duello
con la vita.
PASQUALINA DI BLASIO
FOGLIE D'AUTUNNO
Arrangiamento musicale di M.Ungaro Poesia di Pasqualina Di Blasio,
"Foglie D'Autunno"
tratto dalla silloge "Approdi al cappello giullare"
Musica di F.Mendelssohn, arrangiamento per piccola orchestra a cura di Mariangela Ungaro
Crepitano sotto i miei piedi
Come fiammelle accese
Le foglie raccolte a tappeto
Da un mulinello scherzoso
Che gonfia a più non posso le gote
Quasi un girotondo concluso.
Acchiapparella senza segreti
Un volteggio a pochi metri nell’aria
Un duetto gioioso e ammiccante
“Se ti prendo ti tocca baciarmi”.
Ero capitata per caso nel parco
In un bel gioco di squadra
in cui le figlie d’autunno
non è pena un giro nel vuoto
e finire e giacere sopra la terra.
sabato 11 febbraio 2017
IL CIELO SOPRA BERLINO
TRATTO DA "CINEMA D'ASCOLTO" di Mariangela Ungaro
Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin) è un film del 1987 diretto da Wim Wenders. Le poesie di Rainer Maria Rilke hanno parzialmente ispirato il film: Wenders ha dichiarato che gli angeli vivono nelle poesie di Rilke. Il regista ha chiesto la collaborazione di Peter Handke per scrivere molti dei dialoghi, e nel film ricorre spesso la poesia Lied vom Kindsein. Presentato in concorso al 40º Festival di Cannes, ha vinto il premio per la migliore regia. Ha avuto un sequel, Così lontano così vicino (1993), ed un remake statunitense, City of Angels - La città degli angeli (1998).
Musiche di Jürgen Knieper. I brevi titoli di coda hanno un accompagnamento affidato al violoncello con tutti i gestualismi tipici del genere musicale classico colto contemporaneo. Le scene che seguono non le indagherei tanto dal punto di visto musicale, tanto invece come “verbo”, comunicazione: la parola, i discorsi che si sovrappongono, le voci di tutti i personaggi che scorrono e si sentono senza soluzione di continuità ci danno una sensazione di apparente confusione, si tratta di un uso molto particolare della comunicazione verbale o non verbale (molte delle voci sono pensieri personali dei personaggi ripresi) quindi la musica che qui è un pedale sonoro fermo, non può davvero far altro che “tacere” nel suo suono fisso, corale, armonizzato con micro movimenti, come fosse una fascia sonora appena cangiante.
I due angeli possono solo guardare, osservare e testimoniare ciò che succede nel mondo: questo genera frustrazione soprattutto in uno dei due, Damiel, che vorrebbe invece vivere davvero. La musica che accompagna la scena è musicata con violoncello e quartetto d’archi molto cameristico, appena percepito, triste e mesto, con movimenti lenti a maglie larghe. Serve a conferire fissità e dramma, e dramma proprio per la sua fissità, come la condizione in cui sono i due angeli…solo guardare, non esperire e vivere.
Nella biblioteca sentiamo le fasce fisse con coro e voci soliste molto drammatiche, mentre i due angeli osservano gli astanti e ascoltano le loro voci mentre con la mente leggono e imparano dai libri. La musica conferisce solennità.
Lo scrittore anziano invece è musicato col violino solista, una voce che sembra uscita da un film di campi di concentramento: un vecchio con voce spezzata, il suo racconto si lega ancora al profondo. Sta morendo.
In metropolitana uno degli angeli si avvicina ad un uomo completamente distrutto, abbandonato da tutti: l’angelo gli siede vicino, (l’arpa vibra su un glissando portatore di grande felicità), assolutamente non visto, e l’uomo percepisce un senso di pace, sa che ora, per qualche motivo a lui sconosciuto, potrà risollevarsi e farcela, se lo vuole davvero. Emblematico che proprio mentre l’uomo affranto decide il risveglio del suo cuore, si senta la canzoncina di un bimbo (probabilmente trattasi di musica in, dal momento che poco prima era stato ripreso un bambino sulle ginocchia del padre addormentato, magari è quel piccolo a canticchiare… “Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai”, l’infanzia è a chiave della salvezza).
Mentre osserva un bimbo sul marciapiede, che non trova il coraggio di chiedere ai compagni di giocare, l’angelo Damiel viene attirato dalla musica suonata da una orchestrina da caffè francese con fisarmonica: il suono proviene da un circo. Sul trapezio, una ballerina con ali d’angelo. Si lamenta delle ali, degne di una vecchia gallina, e della musica: “Sembra di stare al ballo dei pompieri!” canzona lei i musicisti. Il circo si sta per chiudere, è fallito. La donna sente molto il dolore del fallimento.
Durante tutto il successivo soliloquio mentale della donna (di cui udiamo la voce, perché guardiamo e ascoltiamo come l’angelo presente, ma sappiamo che la donna sta parlando solo nella sua mente), la musica è un valzer straniato, andamento classico in tre col primo battito cadenzato e ritmicamente in evidenza; spicca una voce di donna solista con riverbero e sovrapposizione spesso asincronica, come fosse una coda d’eco, di voce maschile; armonia e melodia sembrano proprio fare due cose diverse, non c’è accordo tra le parti: nel soliloquio della donna si può percepire una certa schizofrenia di sentimenti contrastanti e poco chiari, eppure intrisi di vera poesia e autentica profondità. Solo dopo un’ora e più di film ho capito che si trattava di un pezzo di Nick Cave: la donna infatti è una sua fan e proprio al suo concerto lei incontrerà l’angelo ormai incarnato. E il pezzo è lo stesso, ma si vede la locandina, il cantante e l’esibizione live.
La scena successiva: l’angelo assiste gli ultimi momenti di un uomo morente. Mentre udiamo i rumori di scena, le macchine che passano incuranti sull’asfalto, l’uomo morente pensa alle futilità della vita, ricorda qualche caro, vorrebbe chiedere scusa…Poi le sue parole si fondono, si sincronizzano con quelle che l’angelo sta recitando per la sua anima. Si unisce la musica al violoncello, cui si aggiungono altri strumenti da ensemble da camera, quando l’angelo lascia il moribondo alle cure di un passante buon Samaritano.
La musica procede accompagnando le scene successive, quando incontriamo nuovamente il vecchio poeta, mentre il violino solista grida il suo dolore, con arpa (che vorrebbe imitare la cetra degli Aedi) in contrappunto saltuario: “Nessun è ancora riuscito a intonare un’epos di pace. Che cos’ha la pace per non entusiasmare a lungo, e che nemmeno si presta al racconto? Devo darmi per vinto? Se rinuncio, l’umanità perderà il suo cantore, e perderà l’infanzia”.

Al disagio esistenziale del vecchio scrittore, si contrappone il discorso pratico (e per certi versi attualissimo) dell’angelo Cassiel che ha notato un crearsi di monadi umane che non comunicano più. E’ accompagnato dal quartetto d’archi.
Riascoltiamo le fasce sonore fisse quando ci ritroviamo sul set di un film dedicato al nazismo. La musica cambia nel violoncello tematico, scuro e drammatico quando l’attore di punta riflette sulle sue miserie personali. Sembra che le fasce sonorizzino le scene di massa acritica, mentre le miserie private sono affidate al profondo violoncello, associato alla morte.
La musica che accompagna il giovane suicida è un motivetto stranamente vuoto e leggero, a-problematico per synth e voce femminile appena accennata, senza testo, solo la vocale A sussurrata. Il ragazzo sta per compiere il gesto estremo, mentre ragiona nella mente, i passanti gridano, ma lui è sereno. L’angelo lo accompagna, gli sta vicino ma non può interagire con lui, né fermarlo.
Torniamo a sentire la convulsa musica per archi con pizzicati ed altri gesti tratti dalla musica colta contemporanea, mentre vediamo le scene concitate della città di Berlino che ignora i deboli, in un turbine veloce e acritico di vite e di sopravvivenza.
Tutta la scena dello spettacolo circense della ballerina trapezista è accompagnato da musica in, che ricorda i film di 007, suonata dal vivo. Sax vellutati e seducenti imitano le movenze fluide della donna, mentre la batteria e il piatto sospeso accentuano la fine delle diverse figure, dando il cenno all’applauso da parte del pubblico. Ritroviamo la donna che canta un po’ brilla insieme ad un circense a voce viva una canzone, poi in un locale dove si sta esibendo Cave e la sua band, in un pezzo davvero triste, rock lentissimo, sound anni ’70.
L’angelo decide di vivere come un umano: le sue impronte si vedono, il mondo appare a colori e un accordo orchestrale leggero e maggiore illumina il volto dell’uomo ora.
L’uomo incontra finalmente la donna amata: lei gli parla come sincera poetessa, è profonda, primordiale. Lui annuisce. Sono Amore allo stato puro. Li accompagna il quartetto d’archi e le parti più enigmatiche e profonde sono affidate alla voce del violoncello, come se lo strumento ne potesse approfondire il senso.
L’ultima scena è affidata al vecchio scrittore, che ha ritrovato la forza: il mondo ha bisogno di lui e delle sue storie, ora più che mai. Parole intelleggibili, canti di donne, coro fisso e fasce di pedale immote sonorizzano i titoli di coda.
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giovedì 9 febbraio 2017
FITZCARRALDO: un sogno di pace costruito con la musica
FITZCARRALDO: la storia di un sogno di pace : FITZCARRALDO: la storia di un sogno di pace costruito con la Musica. da CINEMA D'ASCOLTO, di Mariangela Ungaro
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